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 Si al GALSI: importiamo il “debat public” e diciamo no alla sindrome Nimby.

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MessaggioTitolo: Si al GALSI: importiamo il “debat public” e diciamo no alla sindrome Nimby.   Si al GALSI: importiamo il “debat public” e diciamo no alla sindrome Nimby. Icon_minitimeSab Apr 14 2012, 14:39

Estratto dell'intervento nel Consiglio Comunale di Sassari del 08/03/2012.

" Grazie signor Presidente, Signor Sindaco, signore e signori della Giunta, Colleghe e colleghi consiglieri.
Il 14 novembre del 2007 è stato firmato nell'ambito del bilaterale fra Italia e Algeria, l'accordo intergovernativo sul metanodotto Galsi che porterà il gas algerino in Italia, passando dalla Sardegna.
Alla firma erano presenti il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi ed i ministri degli Esteri (Mourad Medelci e Massimo D'Alema) e dell'Energia (Chakib Khelil) e dello Sviluppo Economico (Pier Luigi Bersani) più i rappresentanti delle aziende coinvolte.
Al progetto Galsi partecipano Sonatrach, con il 18% del consorzio e che esprime il presidente del consorzio con Roberto Potì, l'Enel, con il 13,5% e per la quale era presente Gianfilippo Mancini, Wintersthall (società della Basf), la Regione Sardegna, per la quale era presente il Governatore Renato Soru, e la società Hera.
Per la costruzione della tratta italiana del gasdotto parteciperà anche Snam Rete Gas. A distanza di poco più di 4 anni si parla ancora di Galsi, ma sarebbe meglio dire che stiamo mettendo all´Ordine del Giorno del Consiglio Comunale l’intera questione energetica sarda e la riconversione del modello riproduttivo della Sardegna.
Sono molte le polemiche che stanno accompagnando la rete del gas metano che arriverà dall’Algeria.
Giova ricordare che a promuovere l’accordo fu l’allora presidente Prodi, ad Alghero, col presidente Algerino Butefika.
Allora il ministro dei Lavori Pubblici era l’onorevole Di Pietro.
Si tratta di un’opera di grande rilevanza internazionale che, nonostante i cambiamenti sociopolitici degli ultimi mesi nell’area del Mediterraneo, e del Nord Africa in particolare, conserva tutta la sua valenza strategica.
Ma, per meglio articolare il mio ragionamento, occorre fissare alcune premesse doverose ed essenziali:
1. il “progetto GALSI”, è finalizzato a far giungere dall’Algeria il metano in Sardegna mediante un gasdotto che, dopo averla attraversata da Sud a Nord, si spingerebbe fino alle coste della Toscana;
2. il dibattito pubblico, al di là delle contrastanti posizioni, ha messo in luce la prolungata assenza di un doveroso controllo, specie da parte delle istituzioni, delle modalità di realizzazione di detto progetto, facente capo a un consorzio di società pubbliche e private, con la partecipazione della SFIRS;
3. il dibattito in questione contribuisce a mettere in luce un aspetto di particolare importanza, ovvero l’incidenza che il progetto GALSI potrebbe avere sull’irrisolta questione energetica in Sardegna e sulla riconversione del modello riproduttivo dell’Isola;
Constatata quindi la possibilità di avvalersi, con l’arrivo del metano, di una nuova fonte energetica, di cui la Sardegna era, e resta, del tutto priva, occorre prendere atto che la metanizzazione della Sardegna è attesa da circa venti anni dai sindacati e dai lavoratori, dalle organizzazioni imprenditoriali di tutti i settori produttivi, da innumerevoli associazioni politico culturali, dai cittadini e dai consumatori, nonché da quasi tutte le forze politiche e dalle istituzioni regionali e locali.
Tale attesa emerge in un tutta la sua urgenza dell’evidente discriminazione che la Sardegna subisce per il fatto di essere l’unica regione italiana (e una delle poche in Europa) priva di gas metano, con pesanti danni per l’economia isolana, la quale, se disponesse di quel gas, potrebbe avvantaggiarsi di una significativa riduzione della bolletta energetica, con indubbi vantaggi per le imprese e con efficaci risparmi per le famiglie.
La disponibilità del gas metano, inoltre, renderebbe possibile l’eliminazione del carbone come combustibile nelle centrali elettriche isolane e degli altri combustibili fossili, con vantaggio per l’ambiente, giacché si tratta di un combustibile “pulito” e rispondente ai protocolli di Kyoto, se bruciato per scopi energetici.
In particolare, venendo al nostro territorio, il 5° gruppo di produzione che dovrebbe essere costruito a Fiume Santo (comune di Sassari), e che dovrebbe essere alimentato a carbone, potrebbe essere alimentato a metano; così potrebbe essere anche per il 3° e 4° gruppo, che oggi bruciano carbone.
In questo modo si darebbe corpo ad un’ipotesi avanzata già da molto tempo e trasfusa in un accordo con i sindacati da cui conseguirebbero benefici certi per una zona del nostro territorio che ha subito una selvaggia aggressione ambientale.
Il gas metano, che ha rendimenti variabili tra il 20% e il 40% rispetto ai combustibili tradizionali a seconda delle utilizzazioni, produce infatti (a parità di calorie) un terzo di CO2 in meno rispetto agli altri combustibili fossili, con conseguente riduzione del livello d’inquinamento.
Vale la pena di aggiungere che la metanizzazione concorrerebbe in modo decisivo a diversificare le fonti di approvvigionamento energetico della Sardegna, rendendo più sicuro l’intero sistema di produzione e distribuzione dell’energia, il quale dipende per oltre il 70% dal petrolio e per il 20% circa dal carbone, cioè dai più inquinanti tra i combustibili fossili.
In considerazione di quanto fin qui espresso, quindi, sono senz’altro d’accordo con la mozione dei compagni della Sinistra Unita che il Consiglio Comunale di Sassari sta dibattendo, poiché valuto positivamente la realizzazione del gasdotto che considero un’opera prioritaria per gli interessi dei sassaresi e di tutti i sardi, per l’economia delle famiglie e delle imprese isolane, e non ultimo per la tutela dell’ambiente.
Per questo sono preoccupato per il ritardo che i lavori per la costruzione hanno fin qui subito, un ritardo di oltre due anni rispetto a quanto previsto dal già citato protocollo di Alghero e anzi ritengo che la mancata realizzazione del gasdotto costituirebbe un gravissimo danno la Sardegna intera.
Auguriamoci che nessun sardo, soprattutto qualora ricopra incarichi pubblici, si assuma, neanche indirettamente, la responsabilità di ritardare ulteriormente l’esecuzione dell’opera e che vengano prontamente sconfitti quegli interessi che armano di argomenti infondati (talvolta palesemente falsi) di quanti dicono no alla metanizzazione dell’isola.
Da questo punto di vista reputo necessario e urgente che la Giunta Regionale fornisca ai cittadini tutte le informazioni di cui è in possesso, in modo che ciascuno disponga di ogni elemento di giudizio.
Suggerisco anche che la Giunta Regionale promuova, per la prima volta nella storia dell’autonomia statuale sarda, forme di partecipazione attraverso cui le istituzioni e i cittadini si incontrino per decidere come realizzare queste opere.
Il debat public (il dibattito pubblico) francese, per esempio, è sicuramente uno dei modelli più interessanti da sperimentare.
Si tratta di una procedura recente il cui fine è quello di permettere la partecipazione della popolazione al processo di elaborazione delle decisioni che riguardano i progetti sulle grandi opere (alta velocità, autostrade, inceneritori, porti ed aeroporti, nuove linee elettriche, centrali nucleari e tutte quelle grandi opere che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente).
Per questo motivo mi sento di condividere l’impegno di tutto il Consiglio Comunale e del Sindaco ad acquisire dalla Giunta Regionale tali informazioni e tutta la documentazione relativa, affinché ogni particolare attinente alla questione possa esser messo a disposizione dei cittadini.
Bisogna accertare in particola quali strumenti siano stati predisposti, o debbano esserlo, affinché venga garantita la riserva a suo tempo stabilita di 2 (due) mld/M3/anno di metano a disposizione della Sardegna.
Quali provvedimenti, pattizi e finanziari, la Giunta regionale ha adottato, o pensa di adottare, affinché nessun comune sardo resti privo del metano e, precisamente, in che modo (e con quali finanziamenti) si prevede di realizzare le connessioni con la dorsale sarda del GALSI (le cosiddette bretelle), nonché le reti di distribuzione del gas locali, cosicché le une e le altre siano in grado di funzionare al servizio dei cittadini, contemporaneamente all’entrata in esercizio del gasdotto ?
Verifichi, signor Sindaco, quali atti la Regione intende compiere per l’osservanza degli accordi esistenti in ordine alla trasformazione a metano dei gruppi di produzione di energia elettrica oggi funzionanti con altri combustibili fossili, o altri combustibili inquinanti, e quali misure intenda assumere per promuovere accordi di tal genere per quei siti per i quali ancora non vi fossero ?
Che valutazione da la Giunta Regionale circa il numero di occupati che potranno aversi nell’isola durante la fase di costruzione del gasdotto e delle reti di distribuzione, e quale possa essere tale numero nella successiva fase di gestione e manutenzione, tenendo conto che le stime dell’Associazione Italiana degli Economisti dell’Energia (AIEE), rese note a suo tempo, prevedevano un’occupazione indotta di circa 3.500 unità nella prima fase e circa 2.000 nella seconda ?
Hanno ragione i sardi a porre queste domande.
E bene fa chi le pone in questo Consiglio, perché già troppe volte l’Isola ha subito scempi e devastazioni senza che nessuno pagasse per le proprie colpe.
Per questo, signor Sindaco, dobbiamo appurare quali passi la Giunta Cappellacci ha compiuto, e quali intenda compiere, affinché le imprese locali, durante la fase di costruzione, abbiano la possibilità di ottenere appalti nell’ambito dei lavori d’ingegneria civile, o in qualsiasi altro settore esse possano utilmente operare, sulla base delle loro capacità ed esperienze ?
Ma soprattutto dobbiamo accertare se in Regione qualcuno abbia idea di quali attività possano essere indotte stabilmente nella fase di gestione e manutenzione ?
Quali figure professionali e in quale quantità possano essere richieste in via permanente con il gasdotto a regime ?
E a quali misure abbia pensato per far si che da queste opportunità di occupazione non risultino esclusi i cittadini sardi ?
Per queste e altre ragioni, bene farà il Sindaco a richiedere notizie alla Giunta Regionale per sapere quali siano le misure che la regione intende adottare per sorvegliare puntualmente il rispetto delle prescrizioni che accompagnano il Decreto di compatibilità ambientale, sorveglianza che, per quanto riguarda il territorio sardo, spetta in larga misura proprio alla Regione.
La Giunta Regionale, ma questo possiamo farlo anche noi al fine di impedire l’insorgenza della sindrome “No Tav” anche in Sardegna, deve chiedere alla Società promotrice del progetto di coinvolgere cittadini, associazioni, rappresentanti delle istituzioni locali, e avviare un “Débat public” sul modello francese al fine di evitare un effetto “Nimby” anche in Sardegna come è avvenuto in Val di Susa.
Nel dibattito pubblico, da realizzare a totali spese della Società promotrice con la supervisione di una Commissione indipendente e l'assistenza di una qualificata task force professionale, si dovrà analizzare il progetto e le sue implicazioni di carattere ambientale, economico, sociale a livello locale, regionale e nazionale, valutando se apportare delle modifiche per un più accettabile impatto ambientale, sociale ed economico del progetto da parte della popolazione.

Per queste ragioni voterò si all’ordine del giorno dei colleghi Raffaele Teti e Dario Satta, auspicando però l’esercizio, da parte delle istituzioni competenti, ad iniziare proprio dal Comune di Sassari, di tutti i controlli volti a garantire che i positivi effetti per l’economia dell’Isola possano essere, con il raggiungimento degli obiettivi del progetto GALSI realmente conseguiti.

Simone Campus "
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